Nasco nel 1986 un paesino del profondo Sud da un rapporto extra-coniugale. È bastato questo a bollarmi come “figlio del peccato” e condannare la mia infanzia a sguardi maligni ed emarginazioni. A scuola le maestre erano le prime a dare un esempio pessimo e per questo anche i bambini non mi accettavano. Fino all’età di 14 anni sono stato bullizzato finché, un bel giorno, è scattato qualcosa nella mia testa e
mi sono trasformato in quello che
in quel momento più odiavo, cioè un bullo.
Da bullizzato a bullo
Fino ai 21anni ho trattato male chiunque, facendo cose di cui non vado fiero, forse perché quello era l’unico mezzo che conoscevo per difendermi. Poi i valori primari sono riaffiorati e quando ho scoperto che non mi stavo comportando in base alla mia vera identità, il mio conflitto interiore ha coinvolto ogni parte di me, fino al mio corpo e alle mie energie. Sono entrato in uno stato di profonda depressione che mi ha portato a compiere gesti estremi, a cui nessuno dovrebbe spingersi.
Toccare il fondo mi ha dato però anche la consapevolezza di non voler rimanere più in quella situazione, facendo germogliare in me la voglia di riscattarmi e utilizzare quel dolore per fare qualcosa di utile. La voglia di aiutare altri nella mia stessa situazione mi ha dato la forza per ricominciare e, un passo dopo l’altro, riappropriarmi dell’amore per me stesso e per la vita. Un grande amore che ogni giorno rendo disponibile a chi mi circonda, immettendolo nell’universo perché ognuno possa trovare ciò che in certi momenti della vita può venire negato.
Rinascere da un solco
Le mie esperienze mi hanno segnato, ma da quel solco sono rinato.
La voglia di essere uno strumento di trasformazione per gli altri mi ha dato la spinta per diventare quello che sono oggi.
Giovanni Letizia
Una storia del Progetto fotografico Metis, leggi tutte le storie.